Prima novità dell'anno nuovo: il mio primo romanzo su una mia scoperta che rivoluzionerà il modo di leggere la Divina Commedia.
Sotto, tutte le notizie e anticipazioni. Anche sul programma, ovviamente!
Buona lettura a tutti!

Un'Odissea glaciale

Ciò che viene narrato, di cui si parla, che ci viene spiegato a scuola ed all'Università non sempre corrisponde a verità. Non è mai facile né dirlo, né dimostrarlo, ma quando ci si riesce è sempre una scoperta; e una scoperta è un viaggio, dentro di noi, nel mondo e nella storia. Fino a giungere a ciò che conosciamo e riscoprirlo, o illuminarlo sotto una luce dai cromatismi differenti e sublimi. Ci invita ad approfondire e vivere, e spesso e volentieri il tutto nasce da veri e propri colpi di genio; altre volte da voli dell'immaginazione e della nostra stessa fantasia. E' vero, e forse non è tutto qui; forse c'è qualcosa di più che semplice immaginazione. Il confine sottile tra idea e materia non è mai stato così leggero. Ecco che allora alcune scoperte possono far vacillare secoli e secoli di storia letteraria, o almeno certi riferimenti ad opere di un importante valore. E' così che, leggendo e rileggendo l'Iliade e l'Odissea, l'ingegnere nucleare Federico Vinci ha compiuto una scoperta veramente inaspettata. Sebbene infatti le fonti più note conducano a credere che i due poemi mitici siano ambientati in Grecia e nel temperato Mar Mediterraneo, l'intuito di Vinci avrebbe fatto vacillare tali certezze. Non trovando evidenti congruenze tra la geografia omerica e quella reale, ha quindi intrapreso un viaggio che l'ha portato più a Nord, fino alle coste del Mare del Nord. Un viaggio intraprendente.
Nonostante che molti dei luoghi citati da Omero esistano realmente in Grecia, quantomeno per il nome; da Troia ad Atene. Ma le descrizioni che l'autore opera non sono così prossime alla realtà; quasi sempre, infatti, ci si accorge di come non vi sia alcuna corrispondenza che trasmuti in realtà l'essere dello scritto. Procedendo con un certo ordine consideriamo il Peloponneso, che dovrebbe essere una penisola montuosa, quando concretamente è un'isola pianeggiante. Davanti ad Itaca e Zacinto, invece, sta Dumitio, o meglio dovrebbe, perché l'isola lunga e piatta omerica nel Mediterraneo non esiste; al contrario, tra la Danimarca e le penisole scandinave esiste una certa "Isola lunga", proprio nell'arcipelago che contiene forti analogie con il mondo descritto e prospettato da Omero. La stessa Creta significa "vasta terra" e non "isola". Se poi ci avviciniamo verso il cuore delle opere e studiamo le città principali delle stesse, allora entriamo in un circolo ricco di coincidenze e similitudini con luoghi e geografie nordiche davvero stupefacenti. Troia è descritta come una città situata in una zona ricca di fiumi e paludi; ma guardando quella città che è stata rinvenuta e che è riconosciuta dagli archeologi come la vera città di Troia, ci rendiamo conto che le descrizioni non coincidono. A suffragio di questa ipotesi esistono alcuni recenti studi. Secondo molti, infatti, i racconti che ci vengono narrati nell' "Iliade" e nell' "Odissea" sembrerebbero da doversi collocare in quella che è definita come "Età del bronzo". Tuttavia recenti studi compiuti su quella stessa area archeologica e carotaggi hanno rivelato che nel periodo succitato in quella zona c'era il mare; pertanto il campo di battaglia tra Achei e Troiani, oltre alla stessa città di questi ultimi, non esisteva all'epoca. Oltretutto molte delle battaglie narrateci venivano combattute la notte, ma col sole, ed i guerrieri erano vestiti con pesanti mantelli di lana. Abbigliamento e condizioni climatiche, come il ghiaccio sugli scudi, certamente distanti dalle vicende mediterranee per via del clima. Senza però soffermarci su similitudini riscontrate per studi cronologicamente a noi recenti, ci accorgiamo di come Plutarco, storico greco, parlando di Ogigia, l'isola dove Ulisse fu trattenuto come prigioniero da Calipso, fornisce le esatte coordinate per il raggiungimento della stessa: a cinque giorni di navigazione dall'isola Britannia, in direzione Occidente. Seguendo le sue indicazioni di spostamento giungiamo nell'arcipelago delle isole Far Oer, ove domina il monte Ogohiki, molto simile per assonanza ad Ogigia.
Proseguendo il suo viaggio Ulisse naviga per 17 giorni, fino a raggiungere la terra dei Feaci, alta "come uno scudo" e ricca di boschi ombrosi; certamente non una flora che sia propria della zona climatica mediterranea, a dispetto di quelle nordiche. In più il popolo dei Feaci non è mai stato individuato con certezza, differentemente da quanto afferma Vinci nei suoi studi, collocandolo nella zona dei Fiordi Norvegesi. Seguendo allora la geografia del luogo è semplice individuare ogni altra isola ed il famoso "Stretto dei Dardanelli", luogo di Scilla e Cariddi, nell'arcipelago delle Lofhoeten, un punto ricco di miti nati attorno al Moelstrom, cioè uno scontro di due correnti d'acqua che ad intervalli regolari scatenano la loro potenza dando vita a gorghi impressionanti e pericolosi; a pochi passi da questo sta anche una grotta, abitata anticamente. E' una fenditura nella roccia alta circa 50 metri, ricca di pitture rupestri e luogo ideale come casa della terribile Scilla. Tutta la zona, però, ha anche località che recano nomi singolarmente analoghi a quelli propri delle città da Omero descritte e narrateci. Karjaa, ricorda i Cari uno dei popoli alleati dei troiani; Nasti, molto vicino a Naste; Tenala, simile a Tenedo; Askainen, richiama agli Ascani, un altro popolo importante nelle narrazioni omeriche. Procedendo oltre troviamo Kikoinen, simile a Ciconi; e quindi Raisio, vicina a Reso. Certo, luoghi importanti, ma mai quanto Troia e le storie che l'hanno fatta eternare; ebbene, vicino ad Helsinki c'è una cittadina il cui nome è molto interessante ai fini della nostra indagine: Toija. In ognuno dei luoghi che abbiamo citato sono oltretutto stati rinvenuti manufatti dell'età del bronzo; concreta attestazione della presenza umana già in quel periodo. Oltretutto nei pressi di Helsinki sta anche una località, che ha un nome che sicuramente evoca qualcosa di importante: Espoo o Esbo, simile a Lesbo. Ma non sono questi gli unici elementi: troviamo la notte bianca; il sole di mezzanotte, le aurore boreali ed un grande freddo, con il ghiaccio che si cristallizzava sugli scudi.
Ci sono poi le imbarcazioni dell'Iliade, a due prue e con l'albero smontabile e quelle dell'Odissea a chiglia piatta; simili mezzi di trasporto però non sono greci, ma vichinghi. Le due prue consentivano infatti una migliore maneggevolezza in situazioni rischiose come tempeste o gorghi molto forti ed improvvisi; mentre l'albero doveva essere smontabile per poterlo pulire dal ghiaccio che vi si formava. Concludendo ricordiamo come molti degli eroi e dei personaggi descritti fossero biondi, possenti, con occhi azzurri e lo stesso Ulisse portava un copricapo appuntito, simile ad un elmo vichingo. Ma come avrebbe fatto Omero-greco-a narrare di fatti(la guerra di Troia esplode quando Elena viene fatta prigioniera e presso Toija esiste una storia/leggenda risalente a migliaia di anni orsono di una principessa rapita e della conseguente guerra che ne sfociò) e luoghi propri del mondo nordico? Secondo Vinci, che ha elaborato una propria teoria a riguardo apprezzata e condivisa da molti, a dispetto delle altre su cui staziona un maggior riservo, i biondi Achei sarebbero scesi dalle terre del nord, migrando verso il Mediterraneo ed occupando le aree dell'attuale Grecia ed originando la civiltà Micenea attorno al 1600 a.C.. Tutto ciò solo a seguito del periodo di "optimum climaticum", un periodo di tempo favorevole climaticamente in cui le temperature dell'intero globo furono temperate ed anche al Nord si aveva una situazione simile al clima Mediterraneo. Succesivamente all'arrestarsi di tale favorevole clima, ecco che gli Achei scesero per ricercare lo stesso clima che li aveva temperati fino a poco prima della loro dipartita. Così come le città, però, ecco che riscontriamo una similitudine sicuramente importante tra personaggi dei poemi omerici e mitologici greci. Ullr è figlio di Sif, ed Ulisse è figlio di Sisife; Aegir, dio del mare, è Agaton, e così via.
Insomma, esistono numerose analogie e richiami evidenti a tali poemi. Agatha Christie diceva che tre indizi fanno una prova; se così è qui abbiamo in mano molte prove che questa teoria, che tuttora gli studiosi "ufficiali" aborrano, sia concreta più della realtà stessa. Certo è che una scoperta di tale portata non può passare inosservata e suscita gli interessi di ognuno di noi.
Forse, adesso, conosciamo qualcosa di più su Omero; il poeta più ermetico e misterioso della storia della letteratura. Forse no. Ma come Ulisse, forse questi poemi hanno compiuto un lungo e tortuoso viaggio fino, finalmente, a ritrovare la perduta e tanto desiderata strada di casa.

Vi ricordo il sondaggio nella colonna di sinistra e che, se volete, potete richiedere un articolo a vostro piacimento sul tema che desiderate.

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La Cappella di Rosslyn, uno scrigno di misteri

Un luogo può per molteplici motivi riuscire a custodire misteri che riguardano svariati temi. In particolar modo ciò nasce da quegli edifici e quelle aree di cui non sappiamo niente, o di cui sappiamo molto poco. In qua e là per il mondo ne troviamo più e più; dalle Piramidi della Piana di Giza in Egitto, a Machu Picchu in Perù, ad altri siti megalitici, passando per alcune delle grandi cattedrali gotiche, fino a piccoli centri sperduti, alle volte. Insomma, in non pochi posti è possibile trovare un qualcosa che ci riconduca ad un qualche mistero o presunto tale. Soprattutto se nel visitare certi scenari si possiede la consapevolezza di seguire un filo storico, che ci consenta di poter affermare come lì, nel posto che stiamo visitando o studiando, sia realmente presente un qualche elemento che in base a ciò che sappiamo sull'epoca, ci faccia affermare che ciò è, in realtà, un mistero. Un mistero come certe civiltà potessero possedere in tempi remoti grandi capacità e conoscenze, tali da farci sorgere certi interrogativi, da far nascere in noi il dubbio, da stimolarci a ricercare e a voler tentare di ricostruire il passato. In molti casi ciò dovrebbe essere fatto, e per comprenderlo basta controllare i dati che possediamo e su cui lavoriamo abitualmente. Ecco cosa ci occorre, una strada, oltre che un luogo. Un segno, impresso sul terreno. Un riferimento all'orizzonte. Ecco ciò di cui necessitiamo; ma certe volte questi elementi sembrano essere totalmente estranei alla globalità. Alcuni di essi si distaccano in maniera quasi totale, ed aprono a nuovi scenari e ad interrogativi molto suggestivi ed affascinanti. Quando si parla di Templari il discorso non può far altro che cascare prima o poi su alcuni luoghi; per citarne alcuni: Gerusalemme, L'Aquila, Rennes les Chateaux, Temple Church e la cappella di Rosslyn. Questa cappella ha raggiunto un alto grado di notorietà negli ultimi anni per merito del libro e dell'omonimo film "Il Codice da Vinci" di Dan Brown. Si trova nel Midlothian, in Scozia, una località nei pressi di Edinburgo. I lavori di edificazione della Cappella ebbero inizio il 21 settembre 1446, giorno di San Giacomo ed Equinozio d'Autunno. Esattamente quattro anni dopo, sempre il 21 settembre, si conclusero i lavori. La Cappella fu voluta da Sir William di St. Clair; William era discendente della famiglia dei St.Clair, stirpe che aveva avuto numerosi protagonisti nella storia dei Cavalieri Templari. Chaterine St.Clair sposò Hugues de Payns, fondatore dell'Ordine, mentre un altro appartenente alla famiglia St.Clair prese parte alla Prima Crociata. In sostanza la famiglia è legata a doppio nodo alla storia dell'Ordine dei Cavalieri Templari, e certi elementi si stringono molto da vicino alle narrazioni a riguardo della scoperta dell'America, oltre che al Santo Graal. Ma andiamo con ordine. Tra i manoscritti presenti nella numerosa raccolta della famiglia emergono numerose raffigurazioni di piante di aloe, mais ed animali che fino alla datazione dei manoscritti stessi ancora non potevano essere conosciuti, in quanto non presenti in Europa, ma solo in America; e foglie e frutti del genere sono anche stati scolpiti su più rilievi di colonne e fregi vari all'interno della stessa cappella. Sicuramente Saint Clair e Zeno verso la fine del 1300 giunsero fino alle coste dell'attuale Canada, denominandolo Nuova Scozia, stabilendo un presidio a New Poss, una località molto prossima ad Oak Island, l'isola che racchiude un mistero col suo pozzo ancora impossibile da scalfire. Si può vedere anche da un'incisione su di una seduta lignea, ove è riportata una data accompagnata dalla scritta "To Arcadia" e dal disegno di un vascello che sulla vela ha una croce templare. Tutto questo ci conduce a produrre un'ipotesi molto importante: forse realmente alcuni dei Templari che fuggirono nel periodo delle persecuzioni ad opera di Filippo IV il Bello Re di Francia sbarcarono in Nuova Scozia ed in America, lasciando tracce sul territorio, e portando con sé la conoscenza di nuove piante, di nuovi elementi fino ad allora ignoti. Ciò che fu scoperto fu portato in Europa e tramandato e scolpito, per rendere la conoscenza di nuovi luoghi ed elementi fissa ed eterna. Probabilmente, quindi, i Templari giunsero in America già prima di Colombo e si resero conto della scoperta, divulgandola e fermandola nei disegni e nei rilievi. E viaggiando per la cappella possiamo notare come vi sia un particolare che più di altri balza all'occhio. E' una colonna, totalmente scolpita con una maestria ed una perfezione tale da risultare praticamente perfetta e vero e proprio elemento caratterizzante la cappella. Prende il nome di colonna dell'apprendista e la sua storia è affascinante e tragica nel contempo. Due delle colonne che sorreggono l'alzato della cappella sono poste in prossimità dell'accesso alla cripta; fu incaricato un maestro scalpellino di chiara fama, al quale fu richiesto di realizzare due colonne che possedessero certi motivi ornamentali e disegni. Cominciò a lavorarci, partendo dalla prima, ma non fu in grado di realizzare ciò che desiderava; non aveva perfettamente in mente come muoversi per comporre un disegno di simile difficoltà. Serviva non solo tecnica e maestria, ma anche una certa strategia, vista la difficoltà della richiesta. Il suo apprendista si propose di realizzarla, a seguito di un sogno, in cui avrebbe capito chiaramente come fare, mentre il maestro era assente, diretto a Roma per studiare possibili tecniche di realizzazione. Ebbene, la storia ci dice che mentre il maestro scalpellino era fuori momentaneamente questo suo apprendista si mise subito a lavoro, realizzando il complesso disegno con una pulizia, eleganza e celerità fuori dal comune. Tornato da Roma il maestro non poté credere ai suoi occhi, vedendo la colonna finita; pieno di invidia, colto da un raptus di violenza uccise l'apprendista più bravo di lui. Una storia che ricorda da vicino la leggenda della morte di Hiram Abiff, architetto del tempio di re Salomone. Adesso le colonne si trovano entrambi nella cappella: quella del maestro e quella dell'apprendista. Quest'ultima, di cui abbiamo narrato la storia, è in fondo il simbolo maggiore dell'ambiguità che invade tutto l'ambiente della cappella. Assieme ad elementi cristiani vi è l'albero della vita ebraico, ma anche elementi e simboli pagani, provenienti anche da altre culture quali sono i draghi, estranei al Cristianesimo ed all'Ebraismo. I draghi sono posti alla base della colonna, e dalle loro fauci fuoriescono dei rampicanti che la abbracciano e salgono a spirale. C'è chi ha letto dei riferimenti alla mitologia nordica in questo tema, come il drago che rosicchia le radici dell'albero cosmico che sostiene l'Universo, l' Yggdrasil. Andando oltre, però, possiamo individuare altro; un'altra teoria, infatti, più concretamente circa a metà della colonna ci sarebbe uno spazio contenente una scatola di piombo e, al suo interno, potrebbe trovarsi il Santo Graal. E' una teoria suggestiva, ma non ha conferme, in quanto la famiglia St.Clair ha vietato qualunque studio di questo genere, anche se, quando era concesso, un ricercatore si presentò nella cappella munito di metal-detector e subito andò verso la colonna; passandolo a circa metà cominciò a dare segnali come di una presenza metallica. Potrebbe trattarsi anche di una colata di metallo fatta per tenere uniti i rocchi, ma non ne possiamo essere sicuri a meno che non siano compiuti nuovi studi, per il momento proibiti. Ma se vogliamo condurre ricerche di altro genere ci possono balzare evidentemente all'occhio vari parallelismi tra i Templari ed il mondo della Massoneria; i rilievi sono un primo tema comune, ma vi è poi un secondo aspetto legato al fatto che la pianta si basa su quella del Tempio di Re Erode, costruito là dove stava il Tempio di Re Salomone, vero e proprio riferimento nella simbologia massonica, anche per le antiche colonne all'entrata del Tempio(Jachim e Boaz), riprese da quelle dell'Apprendista e del Maestro; mentre a metà della navata centrale sta una stella a sei punte; proprio in quello che era il punto in cui stava l'Arca dell'Alleanza nel Tempio. Insomma, la Cappella di Rosslyn è un luogo molto più complesso di quanto possa sembrare a prima vista. Noi abbiamo parlato dei fatti principali della sua storia, della sua architettura e del suo apparato decorativo e quindi simbolico; ma c'è ancora molto da dire, da approfondire e da scoprire. Gli studi sono ancora parzialmente bloccati, negli ultimi anni sono stati fatti rilievi mediante apparecchiature all'avanguardia, quali il laser scanner 3D ed altri rilievi tutti con finalità ultima il restauro e la conservazione del luogo, ma speriamo che in futuro siano concessi per la totalità dei tesori che possiede e che si possa così ricomporre una parte fondamentale della storia dell'ordine dei Cavalieri Templari e della nostra cultura in generale. Una storia ancora in parte da ricostruire.

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Indaco, bambini prodigio.

Che esistano proprietà sovrannaturali è una cosa su cui non tutti sono disposti a giurare. Nel lungo scorrere della storia sono sempre esistite figure che hanno segnato la loro e l'altrui esistenza con l'assoluta convinzione di essere "superiori", di avere poteri speciali. Maghi, streghe, stregoni, chiromanti, veggenti ed altri. Chi reale, chi fittizio, comunque ognuna di queste figure ha sempre suscitato attorno a sé sentimenti ed interessi contrastanti. C'è sempre stato chi li ha apertamente criticati e malamente giudicati e chi, invece, li ha sempre supportati e sospinti dando luogo anche a fenomeni di massa che hanno influenzato, in alcuni momenti, la storia. Molte teorie attuali ci propongono l'ipotesi che, addirittura, molti dei fatti che sono avvenuti nel corso della storia sarebbero stati fatti avvenire a causa del fatto stesso che siano stati presentati come previsioni, ed allora ciò abbia influenzato il nostro stesso modo di agire portandoci a far avvenire certe cose. Spesso e volentieri queste figure sono state isolate nel corso della storia; molto poche. Ma negli ultimi trenta anni si è verificato il comparire di strani, in un certo senso, bambini. Bambini che sembrerebbero possedere una capacità intellettiva non comune; bambini che sembrerebbero possedere anche talvolta poteri particolari ed una conoscenza antica, da divulgare all'umanità. I bambini Indaco. La prima definizione di "indaco" fu coniata da Nancy Ann Tappe ed espressa nel proprio libro: "Capire la propria vita attraverso il Colore". Tappe individuò un concreto, per lei terapeuta e sensitiva, affievolimento di certe colorazioni dello spirito delle singole persone. Un cambiamento importante; secondo molti studiosi, infatti, esisterebbe un legame tra le anime delle persone ed alcuni colori così leggibili e definibili come auree. Ogni individuo possiede un'aura, che cambia anche colore, sfumando, a seconda dello stato, ma che comunque rimane entro un campo di colore più o meno ristretto. La studiosa si accorse di come progressivamente vi fosse un affievolirsi della presenza di colori come rosa cremisi e fucsia e di come, invece, emergessero altri colori fino ad allora poco presenti o mai visti. Fino all'inizio degli anni '80(Il libro uscì nel 1982) Nancy Ann Tappe però si curò poco a fondo di queste anomalie, fino a quando un gran numero di genitori iniziò a rivolgersi a lei, per il comportamento dei loro figli che appariva anomalo, strano. Analizzandoli secondo il suo metodo, coi macchinari di cui disponeva, si accorse che l'aura che circondava questi bambini era "indaco", un colore mai apparso prima. Subito approfondì i suoi studi, analizzando il comportamento dei bambini, rendendosi perfettamente conto di come effettivamente il comportamento di questi fosse quasi anomalo e di come questi possedessero delle qualità e dei poteri incredibili. I bambini indaco sono estremamente sensibili e riescono a capire cosa alberghi nella nostra mente e nel nostro cuore; avvertono i cambiamenti degli stati d'animo delle persone. Secondo molti sarebbero giunti sul Pianeta Terra per aiutare l'umanità a progredire verso il bene supremo. Per consentire ad ognuno di noi di giungere ad una conoscenza perfetta, alla comprensione della tolleranza, a raggiungere l'amore incondizionato. I bambini indaco sarebbero quindi giunti con questo scopo, apparendo ai genitori come persone molto particolari, con atteggiamenti strani, curiosi. All'inizio degli anni ottanta l'improvvisa comparsa di questa nuova generazione di bambini indaco suscitò reazioni e letture erronee da parte dei rispettivi genitori. Si ritenne che essi fossero bambini con qualche problema, che non sapevano bene rapportarsi con gli altri, e che avevano comportamenti che facevano pensare a tutto forché ad una possibile conclusione quale quella di cui stiamo trattando. Spesso e volentieri si presentavano come iperattivi, indisciplinati, disattenti, con una forte propensione verso attività isolate. Nei loro occhi, se si incrocia col nostro, si avverte a detta di molti come la presenza di una conoscenza antica; come se i bambini indaco fossero una sorta di reincarnazione di grandi dell'antichità, o messaggeri veri e propri di un messaggio divino, di conoscenza ed amore universale. Le difficolta per i bambini indaco starebbero tutte nella comunicazione e nel rapporto con gli altri. Richiedono infatti un alto grado di attenzione e le loro difficoltà stanno tutte nel rapportarsi con gli altri. Infatti, per questo motivo, sono stati spesso e volentieri confusi con bambini con difficoltà reali a livello psicologico e comportamentale. Negli Stati Uniti, proprio per questa ragione, sono stati utilizzati molti psicofarmaci nel periodo dei primi anni ottanta, quando questa nuova generazione ha fatto la sua comparsa. E' così che molti in passato e nel presente sono stati etichettati come individui con un elevato deficit di attenzione; ma tutto ciò è dovuto al fatto che le loro menti non riescono a seguire né ad adattarsi ad un pensiero lineare, classico, ma avrebbero bisogno di seguire il loro, non normale in apparenza, ma ideale per la loro capacità intellettiva, ricchissima e produttiva; geniale. In sostanza dovremo riuscire ad individuarli, a comprenderli, sostenerli ed interagire con loro, che in pratica è come se fossero un successivo salto evolutivo della nostra specie. Quindi, se tutto questo fosse vero, molto probabilmente dovremo rivalutare certi interventi che certi medici e certi genitori decidono di applicare nei confronti dei propri figli o dei pazienti giovani che hanno in cura. Ma prima di fare questo bisogna imparare a distinguere un Indaco da un bambino che realmente ha un deficit di apprendimento o che concretamente possiede ha difficoltà a rimanere attento, ma che in realtà non è un Indaco. Intanto gli studi in questo campo devono progredire, e dobbiamo arrivare a chiederci quale sia un metodo ottimale per l'individuazione degli Indaco; le loro capacità sono molto elevate, la loro intelligenza sorprendente, veloce, fresca. Ma non consideriamola una leggenda o una storia inventata; bambini con tali capacità esistono realmente, e dobbiamo sapere come capirli, comprenderli e non bloccare il loro accrescimento cognitivo, così che ne traggano giovamento sia loro che tutti noi.

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Un cammino di stelle lungo millenni

Le stelle. Quante volte le abbiamo ammirate o abbiamo sentito parlare di esse, in un modo o in un altro. Questi astri sono da sempre stati punti di riferimento per i viaggiatori; fin da tempi antichissimi. Punti di riferimento, sempre splendenti e capaci di indirizzare nella corretta direzione chiunque ne avesse necessità. L'uomo ha da sempre viaggiato fissando le proprie rotte in base alle costellazioni e come è la sua natura sempre e poi sempre ha voluto cercare di oltrepassare certi limiti imposti dalla natura medesima; sfidandola, giocandoci, tutto per sapere di più e per necessità. Esiste un posto, in Europa, che è da secoli e secoli meta di pellegrinaggio per milioni e milioni di fedeli: Santiago de Compostela. Un luogo ricco di Fede, fondato su racconti anche leggendari ed appartenenti alla tradizione. Ma il passato, forse, lo chiude in una dimensione diversa da quella a noi giuntaci dal sovrapporsi dei luoghi, dei racconti e delle tradizioni. E' un punto di arrivo, un punto di riferimento; ma esiste chi crede che forse questo luogo non sia solo un punto di arrivo, com'è adesso, ma che si possa trattare di un punto partenza. Ma di partenza per chi? Trovandosi in prossimità delle coste galiziane l'unica ipotesi formulabile sarebbe da legarsi a persone giunte dall'Oceano. Forse civiltà antiche, forse viaggiatori, probabilmente popoli di ormai persa origine. Legata a questi luoghi è la figura di un santo: San Giacomo Maggiore. Nel Vangelo secondo Luca, Giacomo sarebbe uno dei cosiddetti "figli del tuono" ed era con Giovanni il discepolo più vicino a Gesù. Dopo la Sua morte Giacomo si spostò, così come fecero tutti gli altri discepoli, lontano dalla Palestina, andando a predicare la Parola di Dio fino in Spagna. Nel 42 d.C., però, Erode Agrippa lo condanno a morte per decapitazione e fu così che si concluse la vita di Giacomo e cominciò quella del santo che conosciamo. Per secoli, però, il suo sepolcro, che divenne consacrato e che fu eretto come mausoleo di piccole dimensioni restò nascosto a tutti; fino a quando nell'813 Paio, un eremita il cui nome significa "uomo del mare", vide come tante luci danzanti sopra la fitta vegetazione. Giunto per curiosità laggiù, spinto soprattutto dalla visione lucente, notò con estremo entusiasmo una tomba, su cui era impresso il nome di Giacomo Maggiore. La notizia si diffuse subito ed il vescovo Teodomiro, che vide coi suoi stessi occhi quanto fu scoperto, lo consacrò ed il posto divenne meta di pellegrinaggio. Il luogo, per il modo con cui fu scoperto, fu denominato "Campus Stellae", poi Campo di Stelle, quindi Compostela. Non rimase, però, nell'anonimato il posto; Carlo Magno fece sfruttare il proprio nome e la propria immagine per pubblicizzare il luogo ed il cammino di pellegrinaggio. Ecco che se si guarda il sarcofago di Carlo Magno notiamo la raffigurazione di Santiago de Compostela, mediante il disegno di due strisce di stelle. Potrebbe apparire un semplice simbolo, ma queste due linee esistono realmente. La prima linea parte dalla Catalogna francese: parte da Picco Stella, passa ventitre chilometri dopo a Monte Stella, poi a venti chilometri per Monte Tre Stelle e si chiude, 400 chilometri più ad ovest a Estella, e poi ad Aster. Tutte queste località sono situate tra i 42°30' e i 42°36' di longitudine. La seconda, invece, partirebbe da Esteilles, passando per Estillon, quindi per Lizarra e Lizarraga. In fondo a questo "corridoio" Santiago(o San Giacomo) di Compostela. Sei punti che difficilmete possono essere casualmente posti sul 42° parallelo. Ma se queste indicazioni non fossero, così come abbiamo ipotizzato in prima istanza, per viaggiatori che andavano verso il mare ma che da quella parte provenivano? Se riprendiamo in mano le leggende più antiche il primo navigatore sbarcato in Galizia sarebbe stato Ercole, che dopo aver razziato i buoi del gigante Gerione, nascondendo le carcasse sotto una torre ancora esistente, la Torre di Ercole, il più antico faro tutt'ora funzionante, sarebbe da lì partito. Ma Ercole sarebbe stato il primo e basta; il secondo, invece, sarebbe stato Noè. Di figure simili a questa nel corso della storia ce ne sono molte; una figura simile a Noè sarebbe sbarcato in epoca Maya in America centrale. Ercole viene però sempre rappresentato come un uomo con arco e clava, un uomo delle caverne; presumibilmente rintracciabile ed identificabile nell'età del bronzo. Ma le analogie col passato e il cammino delle stelle non si fermano qui. Ci sarebbero tre vie; uno simile risiederebbe in Inghilterra, sul 51° parallelo, da Canterbury, passando per Stonehenge, Averbury e altri luoghi simili, tutti posti in cui vi sono siti megalitici. Un secondo sarebbe in Francia: da Saint Odille, per Chartres, fino a Armorica, e qui siamo sul 48° parallelo. Se ne esistesse un quarto sul 45° parallelo ne avremo uno ogni tre. Guardando i luoghi e le caratteristiche dei vari siti notiamo come ciò che ricerchiamo possa rintracciarsi tra Lascaux e Libourne. Le leggende, che ci connettono a questi luoghi, ci narrano di uomini che sarebbero sbarcati su quelle coste per portare la conoscenza. Ma da dove? O da quando? Le leggende post-diluviane sono molte; ci sono però simboli diffusi ovunque che ci riconducono ad un passato forse molto lontano. I labirinti sono i più diffusi e sono rappresentati anche in pianta nella cattedrale. Ci rimandano al mito di Atlantide ed alla pianta della sua capitale, così come ce ne parla Platone; la capitale aveva una pianta a labirinto, così da rendere inattaccabile il proprio centro, sede del potere. E un labirinto è disegnato nella navata principale della chiesa di Chartres, come simbolo del continuo percorso dell'uomo verso la conoscenza.Atlantide sarebbe scomparsa all'incirca 11600 anni fa; e se le leggende dei popoli americani parlano di uomini giunti da est per portare loro la conoscenza, per quelle dei popoli europei le leggende narrano invece di popoli giunti da ovest con lo stesso scopo. Ma il 9.600 a.C. è anche il periodo che i geologi avrebbero segnalato come possibile periodo della fine dell'era glaciale. Potrebbe essere stato l'innalzamento delle acque a provocare la fine di un'intera civiltà. Ne sono sicuri numerosi ricercatori e scrittori come Graham Hancock. I baschi in effetti sono un popolo le cui origini si perdono nel tempo, ma i cui strascichi si trovano nel loro modo di essere; nelle loro sanguinose e dure, talvolta, tradizioni popolari fortemente radicate nel loro stesso modo di vivere; il loro linguaggio è complesso e bello e si estranea dallo spagnolo e dal portoghese. Gli stessi ematologi hanno controllato come vi sia una particolare diffusione del gruppo sanguigno più raro, lo "0". Questo è poco diffuso in Europa centrale, ma molto nelle zone percorse dai paralleli che stiamo analizzando. Elementi che ci fanno ritornare con la mente al mito di Atlantide e suffragare importanti ipotesi, seppur con pochi dati a piena disposizione. Ma tornando specificatamente a Santiago di Compostela ed analizzandolo in relazione agli altri siti megalitici la sua cattedrale, maestosa e bellissima, nata da continue stratificazioni di movimenti e periodi architettonici che vanno dal gotico al barocco spagnolo, individuiamo alcuni tratti incredibilmente e certamente interessanti. Il coro della chiesa non è in asse, ma spostato e ruotato verso nord, mentre la facciata è lievemente ruotata a nord. Evidentemente non è un caso, ma un qualcosa di sicuramente rintracciabile in altri luoghi ed in altre culture: a Luxor nel tempio dell'Uomo troviamo un orientamento simile a quello ammirabile a Santiago. E concludendo citiamo un'antica leggenda galiziana, che ci parla di come il cammino delle stelle verso Santiago de Compostela sia come una sorta di Via Lattea in terra; e come essa si conclude con la costellazione del cane, così San Giacomo è da sempre rappresentato con un cane al suo fianco. E' così che adesso possediamo un nuovo perché che ci sospinga a guardare verso il cielo e a chiederci qualcosa di più, senza andare oltre la nostra terra, ma concentrandosi su quei corpi luminosi che ci hanno da sempremostrato la direzione del cammino che stiamo cercando di seguire. Le stelle da seguire adesso però sono in terra, e ci potrebbero condurre verso la scoperta della realtà di un passato che forse non è mai stato così misterioso ed affascinante.

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Sitchin, riscrivere la storia partendo dalle stelle...

Se alziamo lo sguardo e lo indiriziamo verso il cielo, notiamo sempre, chi più, chi meno, come vi siano moltissime stelle. Alcune di esse sono pianeti, che per la distanza le vediamo così piccole e le assimiliamo a piccoli corpi luminosi. Così è per noi, ma anche per chi invece guarda verso il nostro pianeta da molto lontano. E' una delle grandi domande che attanagliano l'uomo; e chissà se esiste una qualche altra forma di vita intelligente altrove, su altri pianeti di altre galassie. Certo è che numerosi elementi e frammenti del puzzle della nostra storia ancora devono essere non solo incastrati, ma anche ritrovati, scoperti. Chi si occupa di parapsicologia, di ufo, pseudoscienza ed archeologia misteriosa almeno una volta nella vita sarà stato portato a porsi questo interrogativo: e se la civiltà nel passato fosse stata portata a noi da un popolo alieno? Su questo tema si parla e discute molto oramai da anni, e gli interrogativi sono sempre più numerosi ed emergono anche dalla semplice osservazione di numerose opere d'arte ed affreschi antichi, da cui molte volte emergono quelle che appaiono come vere e proprie astronavi, o comunque come un qualcosa molto vicino agli ufo che sempre più di frequente vengono avvistati. Citando alcune civiltà, basta guardare bassorilievi, sculture o simili per notare, in taluni casi, riferimenti a cose di questo tipo. Numerosi popoli hanno cercato un "contatto" con l'esterno, tutti, alla fine, sono crollati. I Sumeri sono uno di questi ed esiste uno scrittore e studioso che da sempre afferma come proprio il popolo sumero ed i suoi studi siano relazionati. Si tratterebbe di una possibile correlazione tra la cultura del popolo e le congiunzioni astrali e le popolazioni aliene. Colui a cui ci riferiamo è Zecharia Sitchin, scrittore e ricercatore russo. Studiodo di lingue semitiche ed esperto della cultura e storia sumera, fin dagli albori dei suoi studi Sitchin ha sempre tentato di individuare il corretto significato di alcuni bassorilievi scoperti in tutto il Medioriente. Nel corso delle sue ricerche Sitchin ha evidenziato sempre più e con grande forza la vicinanza tra molti miti sumeri, greci e cristiani. Non solo, però. Andando oltre ed approfondendoli Sitchin ha individuato alcuni elelmenti incredibili, al punto da tradire la scienza ufficiale, la storiografia e le credenze di tutti noi. In pratica i testi antichi, quelli religiosi in particolar modo, non sarebbero inventati di sana pianta, ma un insieme di fatti realmente avvenuti in tempi antichi. Sostanzialmente esisterebbe all'interno del nostro sistema solare un decimo pianeta denominato Nibiru. E' curioso verificare come il nome di quest'orbe sia praticamento lo stesso di cui parlano altre culture. Nibiru, anch'esso muovendosi con orbita elittica, rientrerebbe nel centro del nostro sistema una volta ogni 3600. Questo pianeta, miliardi e miliardi di anni addietro sarebbe entrato in collisione con un secondo pianeta chiamato Tiamat; l'impatto avrebbe generato il pianeta Terra ed un'intera fascia di asteroidi, che è composta da comete e stelle. La teoria appena citata starebbe alla base di quelli che, poi, sarebbero stati i successivi sviluppi della storia. Nibiru, infatti, come emerge dalle sue teorie, sarebbe poi stato abitato da una razza simile a quella terrestre, ma tecnologicamente ed evolutivamente più avanzata: gli Anunnaki. Questo popolo è presente nella mitologia sumera e nella Bibbia col nome di Nephilim. Giunti sulla terra circa 450.000 anni fa con lo scopo di recuperare dei metalli e minerali per tentare di ricomporre la loro atmosfera rarefatta, cercarono posti dove fosse possibile ottenerli; il continente principe per ricchezza di tali elementi è l'Africa e lì, giunti a contatto con gli Homo Erectus, avrebbero incrociato la loro razza con la nostra, generando l'Homo Sapiens. Questo fatto avrebbe generato poi nuovi uomini e nuova manodopera per gli Anunnaki che, in virtù di ciò, avrebbero istruito gli umani anni dopo dando origine ai Sumeri in Mesopotamia. Così non sarebbe stato per la sola civiltà Sumera(fulcro iniziale), ma anche per tutte le altre civiltà dove si riscontrino strutture megalitiche quali quella egizia, i Maya, gli Incas e così via. Le varie strutture che vediamo, così come confermato da molti studiosi(Robert Bauval, Graham Hancock ecc), avrebbero avuto ed avrebbero attualmente una funzione astronomica e calendariale, seguendo precisi orientamenti astronomici secondo varie costellazioni. Se così fosse, sarebbe chiaro il motivo per cui sembra che tutte queste strutture sembrerebbero realizzate attorno al 10450 a.C.; e questo per ogni singola costruzione: dalla Sfinge che guarderebbe la costellazione del leone così come era posizionata nel 10450 a.C., alle tre piramidi della stessa Piana di Giza(che seguirebbero la cintura d'Orione come erano poste in quel periodo), al tempio di Angkor, ai siti megalitici, alle Piramidi Maya e via dicendo. La manipolazione aliena, quindi, sarebbe alla base di tutto, così come la volontà di compiere una sorta di esperimento sulla terra. Come appunto personale aggiungo che, perciò, gli avvistamenti "veri" di ufo in giro per la terra ed in particolare in corrispondenza di alcuni dei luoghi sopra citati potrebbero avere come protagonisti proprio eventuali Anunnaki che controllerebbero i nostri sviluppi nel corso del tempo. La cosa fa rabbrividire, ad essere onesti, ma apre a nuovi scenari. Forse la storia potrebbe essere riscritta e buona parte di fatti presenti in racconti mitologici, o dell'Antico Testamento, o del Corano, dovrebbero essere rivisitati alla luce di questi strani e possibili sviluppi. Tutto si potrebbe riscrivere o riconfermare. In questo momento ci basta guardare i bassorilievi, i quadri, le scritte, tutto ciò che si avvicini agli ufo e provenga dal passato ed interrogarci se quei disegni, quelle sculture, ed il resto che ci appare strano ed anacronistico non abbia significati da dover essere interpretati filosoficamente, ma che possano essere concreti e semplicemente la descrizione di un qualcosa di incredibile e sconvolgente.

Proprio il 9 ttobre Zecharia Sitchin si è spento all'età di 83 anni. A lui va la nostra ammirazione, i nostri complimenti per il suo lavoro e ringraziamenti per quanto fatto. Le più sincere condoglianze. Filippo

Questo articolo mi è stato suggerito da Simonetta. Se anche voi desiderate che scriva o approfondisca qualche tematica basta che me lo chiediate. Il contatto avviene tramite la casella bianca nella colonna di sinistra.; scrivete lì il vostro messaggio e cercherò di accontentarvi!
Grazie ancora a Simonetta!

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Il doppio leone d'Egitto


C'è chi crede in un duplicato, in una copia. E' come se ci fosse uno specchio che custodisce una realtà talmente concreta e opposta da sembrare far parte ed originare da un mondo parallelo. Spesse volte i nostri passi calcano terreni aspri, duri, fantascientifici ogni tanto, ma sempre ci arrendiamo al presupposto che ogni singola pressione delle nostre piante su quel sentiero, sconosciuto ed affascinante, possa rivelarsi a noi per quello che nessuno si aspetta. Desiderio, forse, maggiormente, comunque fantastico. Le sabbie del tempo, del resto, ci raccontano storie che prima di tutto celano, granello dopo granello; ognuno di essi trasportato dal vento e condotto a coprire qualsiasi cosa. La sabbia è il principale soggetto, chiude dentro la sua massa, mutevole e continuamente in trasformazione e spostamento, interi millenni di assoluta eternità. Quando le sue porte si dischiudono è però sempre una scoperta realmente incredibile ed edificante. Templi, piramidi, statue; tutti soggetti che è come se crescessero da quell'inerte che viene innaffiato dall'aria e dalle gocce della memoria. Crescono e si rivelano, ed è come uno spettacolo incredibile ogni volta, ogni singolo momento. Vibrano nello spazio circostante e risuonano come una melodia dalla quale non si può prescindere e che crea, con ciò che già si è emanato, una musica universalmente soave e gentile; affascinante. Non se ne può fare a meno, come quando ancora non si sa su che territorio ci si sta muovendo. Ed è proprio dalle sabbie mobili che, spesse volte, siamo attratti; i terreni stabili ci danno sicurezza, ma sono le sfide che ci affascinano realmente. E guardando con attenzione qualche sassolino nel deserto in cui ci imbattiamo potremo scoprire che in realtà esso non è un semplice rimasuglio di agenti atmosferici su depositi vulcanici e simili pietrificati. Muovendoci tra le sabbie dell'antico Egitto ci possiamo scontrare continuamente con questa realtà, e chiederci cosa altro ci sia. Chissà cosa avranno pensato gli archeologi quando, di fronte all'imponenza del tempio di Aschepsuth, una delle donne che hanno guidato il Regno Egizio, hanno scelto di provare a scavare anche di fronte ad esso, scoprendo, quindi, una botola. La scala rinvenuta conduceva ad una piccola stanza, totalmente intonacata; un sepolcro. Ma togliendo la patina del tempo e qualche strato di intonaco è emerso un affresco sul soffitto: un cielo stellato, visto con gli occhi dell'astronomia. Era il luogo d'eterno riposo dell'architetto di corte Senenmut; amante del faraone donna. Lì, due stelle, proprio di fianco alla costellazione più nota: le tre stelle della Cintura di Orione. Stessa posizione delle piramidi della Piana di Giza, per le tre stelle, stessa posizione di una delle altre due per la Sfinge, poi una, fuori luogo apparentemente. Ma cosa rappresenta? E' una delle domande che attanaglia gli egittologi di tutto il mondo. Giungendo ai piedi della stessa scultura, poi, un altro particolare. Una lapide poggiata proprio tra le zampe del leone d'Egitto con testa umana. Lì, di nuovo, due sfingi; una contrapposta all'altra. Il dubbio si alimenta, prende vita; trova nuova alimentazione e spinge a chiederci: può esistere una seconda Sfinge, contrapposta all'esistente e giacente sotto metri di granuli di sabbia? Chissà; certo che il dubbio è legittimo. Non sono pochi coloro che credono in un'eventualità così fortemente. Guardano i segni, leggono il terreno, cercano tracce di un passato così difficile da far emergere. Il vento può spazzare via i veli e liberare il segreto dal suo nascondersi. Dobbiamo partire da un dato: per gli egittologi le più antiche costruzioni egizie sono da far risalire al 2500 a.C.(per i più). Ma nuovi studi, molto convincenti, in realtà spingono a credere che sia un'altra la data a cui fare riferimento, cioè il 12450 a.C. circa(sulla quale approfondiremo). Se si leggesse, infatti, la Piana di Giza come un cielo stellato, considerando il Nilo come la Via Lattea, tornerebbe alla perfezione la posizione delle piramidi con quella delle stelle nel cielo e, più precisamente, le tre Piramidi di Giza(quella di Cheope, quella di Chefren e quella di Micerino), coinciderebbero con la ormai nota cintura di Orione. Ma non alla posizione che le stelle di questa costellazione hanno né ora né a quando gli egittologi farebbero risalire le piramidi: la realtà dei fatti è che quell'orientamento sarebbe proprio da riferire al 12450 a.C. E' come se si fosse voluto fissare in terra, con monumenti e sculture riferite alle stelle una data; probabilemente molto importante, se non rivoluzionaria, per la storia dell'umanità. Spostandosi quindi sulla Sfinge troveremo una conferma: la scultura sarebbe stata realizzata in quel periodo e, come conferma, emergerebbe lo stato di degrado che ha la pietra. Ci sono tagli e scavi sia orizzontali, causati dal vento, che verticali, e ciò sarebbe dovuto a tanti e tanti anni di piogge. Ma tutta questa acqua non sarebbe mai potuta cadere in Egitto, a patto di non spostare i riferimenti cronologici proprio al 12450 a.C., periodo della grande inondazione; tra l'altro lo stesso raccontato dalla Bibbia e descritto come il "diluvio universale". La Sfinge allora, con giustificazioni geologiche, dovrebbe essere retrodatata; se infatti osserviamo le stelle con occhio posto a quell'anno che secondo i nuovi studi sarebbe quello corretto, allora il volto della statua, presumibilmente leonino in origine, basti vedere le differenze di proporzione con il corpo, guarderebbe là dove, oltre diecimila anni orsono, si sarebbe trovata la costellazione del leone. Un elemento su cui riflettere, su cui approfondire gli studi, su cui, forse, rivalutare il tutto. Basti poi pensare alla numerologia; in molte culture uno dei numeri perfetti è il due: l'alfa e l'omega, il maschio e la femmina e così via. Sembrerebbe allora opportuno realizzare non una, ma ben due sfingi, seguendo una tal logica e, leggendo nell'affresco tombale di Senenmut, sembrerebbe dover essere proprio così. Ma dove è finita, se mai c'è stata? C'è chi ha pensato ad una seconda sfinge posta di finaco all'originale; chi ad una posta invece frontalmente; altri ancora, invece, ad una dietro a quella attuale. Negli ultimi anni molte persone hanno condotto studi su questo argomento, ma non solo; basti pensare al tentativo di individuare una camera tipo archivio sotto la stessa sfinge. Uno di questi studiosi è Baratono. Egli, ma non è il solo, afferma di aver individuato, e di avere la conferma di ciò tramite satellite, alcuni punti individuati e caratteristiche di un luogo di circa 55 metri per 50. Si tratterebbe di un'area tombale o simile, di caratteristiche assimilabili a quelle della Sfinge; non esiste la conferma, degli scavi devono essere effettuati, ma il luogo si troverebbe specularmente situato rispetto all'area di giacenza della statua. Le dimensioni pure, sono quelle. La conferma è arrivata da immagini catturate da satellite dell'ESA; in questo momento occorre solo attendere il termine degli scavi. La sabbia cela questo ed altri segreti. Alcuni meritano di essere svelati, se reali; una seconda sfinge sarebbe degna di nota e sconvolgerebbe la storia, prima d'Egitto, poi, forse, dell'umanità. La statua potrebbe non esistere ormai più, ma la base d'appoggio si; ed è lì che si cerca, è quella la direzione verso cui guardare. Altrimenti, basterà volgere lo sguardo verso il cielo stellato, e lì ricercare le risposte: scritte in eterno e sempre splendenti.

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Lo spot della nuova serie di Voyager!!!!


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Le Novità della prossima serie di Voyager

Ieri ho avuto l'opportunità di visitare gli studi della trasmissione "Voyager" e di fare parte del pubblico della puntata che sarà trasmessa il 10 novembre. Entrando nello studio sono subito emerse tutte le novità.
1)Non sarà più presente lo schermo di dimensioni macroscopiche delle ultime edizioni.
2)Persistono, invece, le colonne, schiacciate a metà, con disegni retroilluminati.
3)Il pubblico avrà un ruolo più interattivo e non sarà più seduto sulle classiche sedie; dalla prossima serie sarà possibile vederlo posizionato su di una pedana sopraelevata costituita da due rampe di scale sui lati corti. Lì, parte del pubblico, sarà seduto, il resto in piedi e si muoverà seguendo i movimenti di Roberto Giacobbo all'interno dello studio.
4)Lungo il perimetro interno dello stesso ci saranno dei piccoli set con spazi dedicati ad argomenti e periodi diversi della storia. Per esempio: ci sarà Carter, l'egittologo che ha scoperto la tomba di Tuthankamon. In ogni set saranno presenti proprio attori con cui Giacobbo interagirà, per parlare degli argomenti inerenti al tema ed introdurre i video relativi.
5) Un ragazzo che disegna strisce ironiche su Voyager, Davide, ha uno spazio a sua disposizione e con lui Giacobbo interagirà aprendo, quindi, una rubrica simpatica ed autoironica.
6)Ad ogni puntata presenzieranno degli ospiti. Con noi, per non anticipare troppo, c'era il più grande trasformista al mondo(non vi dico il nome, ma lo capirete molto bene da soli).

Ecco, quindi, le principali novità della trasmissione delle puntate che saranno trasmesse tra fine ottobre e novembre. Speriamo di avervi stimolati a seguire la trasmissione anche nella prossima serie. Intanto godiamoci le ultime puntate di questa, poi seguiremo la nuova.
A presto con un nuovo articolo!
Filippo

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Tutti i ricordi...dell'acqua...

Credere in cose che apparentemente trascendono la realtà è un viaggio affascinante che è sempre bello compiere. Ma cosa succederebbe se si rivelassero essere, in realtà, più vere che le stesse cose e leggi noi siamo abituati a conoscere e a vivere giornalmente? Possiamo anche focalizzare la nostra attenzione su ciò che ci circonda e cercare di inventare qualcosa che vada al di là proprio di ciò che stiamo guardando. Così facendo, però, rischieremo di perdere di vista la realtà, chiudendola in un qualcosa di incredibilmente fantastico. Cosa accadrebbe se l'elemento che domina il nostro pianeta e tutti gli organismi terrestri fosse realmente vivo? Se non fosse spinto da moti terrestri, ma realmente vivo? Non cerchiamo di fantasticare più di quanto serva realmente, ma di proporre una teoria che, negli ultimi decenni in particolare, con l'approfondimento di apparecchiature e macchinari che favoriscono lo studio, ha preso piede nel mondo scientifico. Ci chiediamo se l'acqua, elemento semplice e nel contempo fondamentale, possa realmente essere o meno ricca di ricordi. Ci chiediamo se l'acqua ha una memoria.

Molto spesso siamo costretti ad assistere e constatare la nostra impotenza di fronte ad elementi catastrofici di vario genere. Si va dai terremoti, agli uragani, alle inondazioni; gli tsunami, come sono meglio note. Solo per citarne alcune; poche, ma sufficienti per poter capire realmente che noi siamo realmente impotenti di fronte a tutto ciò. I fenomeni che riguardano l'acqua, però, potrebbero avere una spiegazione molto profonda. In altro luogo abbiamo parlato di Raffaele Bendandi e della sua, all'epoca avvenieristica, adesso che sta tornando in voga e che si sta cercando di studiare, sui terremoti e la loro origine. Ebbene, adesso una teoria sta interessando e dividendo contemporaneamente il mondo scientifico. L'abbiamo già accennata: l'acqua potrebbe avere una memoria, cioè potrebbe restare influenzata, positivamente o negativamente, dai fatti che le sono avvenuti attorno, riversando poi la cattiveria o la bontà(dipende dalle esperienze vissute) su ciò che le sta attorno. Masaru Emoto, noto scienziato giapponese, da circa dieci anni conduce esperimenti su piccole quantità d'acqua. Le gocce di H2O, cristallizzate, formano figure diverse tra loro, soprattutto prima che inizino a sciogliersi. Per questo realizza fotografie a cristalli d'acqua congelata a 5° sotto zero, prima che inizino a scongelarsi; ognuno di questi subisce un pretrattamento molto particolare: Emoto pronuncia parole di vario genere ai vari campioni, alcune sono dolci, altre aspre. Ogni singolo cristallo riceve questo trattamento che è "personalizzato"; uno riceve solo parole dolci, uno solo aspre, uno solo cattive e così via. Emoto, dopo questo inizio, passa al congelamento, per poi analizzare le fotografie ottenute e valutare le reazioni di ogni singolo elemento sotto studio.
Frasi cattive, come quelle che possiamo dire ad una persona non tanto per farla arrabbiare, quanto per farla star male inducono alla nascita di una struttura caotica che fa emergere chiaramente i tratti di un tumore. Un tumore, infatti, non ha una struttura geometrica definita, ma, bensì, caotica e disordinata. E' così che la relazione appena detta sottolinea come, apparentemente, può realmente essere vera una cosa di questo genere. Ma non si potrebbe parlare di un qualcosa di realmente scientifico se non ci fosse una controprova; infatti, al pari dell'acqua che ha ricevuto parole e frasi negative, così anche quella che ha subito un trattamento positivo è stata studiata allo stadio di ghiaccio. Questa, invece, ha generato una struttura perfetta, cristallina, al pari dei cristalli puri. Gli esperimenti sono continuati ed hanno cercato di verificare se, oltre ai verbi, anche i nomi di personalità note della storia avrebbero potuto influenzare lo stato di aggregazione delle molecole di H2O. Gli effetti si sono visti già con due nomi: al pronunciare Adolf Hitler l'acqua ha assunto una struttura simile ad una bolla di peste; al nome di Madre Teresa, invece, l'acqua si è cristallizzata come un fiore. In effetti le caratteristiche elettromagnetiche dell'acqua sono note ormai da tempo e sappiamo come sia un ottimo mezzo per condurre la corrente. Gli esperimenti di Emoto, però, non sono isolati; altri scienziati in giro per il mondo stanno focalizzando la loro attenzione su questo studio. Ad esempio, in campo omeopatico, studiosi italiani hanno constatato che l'efficacia dell'acqua sta proprio in questa caratteristica. Per curarsi bere acqua non vuole semplicemente dire "purificare l'organismo", ma allontanare altri elementi. L'acqua preparata per i rimedi omeopatici è, infatti, decisamente diversa nella struttura e nelle proprietà chimico-fisiche da quella "normale" o sottoposta a trattamenti opposti. Le capacità mnemoniche dell'acqua si risolverebbero, quindi, in parte, in poteri di riuscire a ricordarsi, dopo averle comprese, le qualità salutari delle sostenze che in essa vengono disciolte, o le cure a cui è sottoposta(cromoterapia ecc), o gli scopi per cui viene somministrata o gli impulsi, più in generale, che giungono a lei dall'esterno. Lo svizzero Luis Rey, utilizzando il procedimento della "luminescenza", ha dimostrato e così confermato queste proprietà dell'acqua; una quantità per trattamenti omeopatici, precedentemente mantenuta a contatto con acqua salata, ha mantenuto il ricordo del sale disciolto nell'altra soluzione e ciò è stato possibile verificarlo dal luminor.
Insomma, pare proprio che quell'elemento così importante per la vita di tutti noi, quello da cui origina la vita e che compone nella più alta percentuale ogni singolo organismo terrestre, è ben più di quanto si creda. E pare evidente che essa potrebbe rivelarsi in campo omeopatico e di cura, in particolare, come elemento capace di catalizzare quanto di negativo possa investire il nostro organismo e portarlo via. Forse è per questo che dopo una doccia ci sentiamo così bene; al di là di un aspetto puramente psicologico forse l'acqua, purificata e mandata in circolo, riesce a catturare le energie negative di cui, forse, siamo investiti e portarle via. L'acqua, oltetutto, è di per sé in grado di per sé di avvertire i messaggi negativi e quelli positivi, e in base a quelli si comporta componendo forme basilarmente bellissime e universalmente standard e meravigliose. L'acqua è vita ed è viva; noi siamo composti per oltre il 70% da essa e questi studi, per quanto superficiali possano apparire, in realtà rivelano una parte della realtà che ci circonda ed una parta molto concreta e profonda di noi stessi, della nostra personalità.
In fondo, la sua memoria ci rivela che la realtà e noi stessi siamo più complessi di quanto non si possa credere.

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Il cronovisore, una vicenda ai limiti del surreale...

La vicenda che racconteremo ha del surreale. Quasi impossibile da crederla per vera. Eppure, ogni singolo fatto che narreremo, è assolutamente avvenuto. La vicenda esplode improvvisamente nel 1972, quando Vincenzo Maddaloni pubblica su "La domenica del corriere" un articolo, intitolato: "Inventata la macchina che fotografa il passato". Sullo stesso si narra di una macchina, che sarebbe stata inventata recentemente, e di cui Padre Pellegrino Ernetti, esorcista ed esperto di fisica. La macchina inventata sarebbe in grado di fotografare il passato. Secondo Ernetti, in sostanza, nelle zone interessate da un qualche avvenimento storico di cui si è interessati, rimarrebbero dei rimasugli di particelle atomiche. Queste, con un'apparecchiatura sufficientemente forte e studiata in un certo modo, potrebbero essere amplificate, sottolineate in un certo senso, e fare riemergere così vere e proprie immagini, che la macchina potrebbe, così, fotografare. Nell'articolo spunta un certo "Signor X". Secondo Ernetti, questo avrebbe potuto constatare che una fotografia appena fatta sarebbe reale. Su chi sia questo "Mister X" non viene data, però, alcuna spiegazione. In sostanza la fotografia rappresenterebbe il momento della morte di Gesù Cristo in croce. Secondo il signor "X", la fotografia combacerebbe, a pieno, con l'immagine della Sacra Sindone e sarebbe la maggior conferma del funzionamento dell'apparecchio. Ma allora una domanda sorge spontanea; perché non è stata né divulgata né confermata la fotografia, come originale, al pubblico? Passa poco tempo e si scopre l'arcano: la fotografia è reale, ma fatta con una macchina fotografica normale ad una statua conservata a Todi. Crolla tutto. Almeno in apparenza, perché, di lì a poco, Ernetti dice di sapere che la macchina esiste. Lui stesso ci ha lavorato a fondo, ma che ha parlato troppo e che qualcuno desidera toglierlo di mezzo; e quella fotografia non sarebbe altro che la conferma della stessa. Guardandola, infatti, rise tra sé e sé. Ma allora, ci si chiede, cosa sapevano Padre Ernetti ed il Maddaloni, giornalista e investigatore, di tanto importante da spingere loro a creare una storia così fantasiosa e con un elemento palesemente falso? Passa poco tempo, ed emerge che, in realtà, la vera e propria origine del "Cronovisore" sarebbe da ricercarsi nell'anno 1956. In quel periodo Enrnetti avrebbe iniziato, secondo le sue stesse dichiarazioni, gli studi sull'oscillazione assieme a Padre Agostino Gemelli; fondatore nientemenoche dell'Università Cattolica di Milano. Nel frattempo, un altro religioso, Padre Brune, tenta di fare luce su questa inverosimile vicenda e dichiara che, come raccontatogli dagli stessi, "Nel 1952 Ernetti e Gemelli lavoravano allo studio di alcuni voci gregoriane". In pratica i due affermarono di aver fatto degli studi, con degli strumenti approfonditi e nuovi, su alcune voci e canti gregoriani di anni ed anni addietro, asserendo, in una seconda intervista, che nel 1956, alla presenza di testimoni, avrebbero addirittura filmato gli ultimi istanti della Passione di Cristo, fino alla morte. Allora, però, se così stanno le cose, ci si troverebbe di fronte ad una macchina che non si limita a fotografare dal passato, ma addirittura a filmare, con tanto di audio, le scene che gli si chiede, avvalendosi di amplificatori ed antenne in grado di rilevare i segnali lasciati nell'atmosfera, oramai a livello subatomico, da quegli avvenimenti stessi. Tutto ciò che fu registrato, secondo loro, sarebbe poi stato mostrato a Papa Pio XII. Non una parola però sulle domande che seguirono alle dichiarazioni, come abbiamo visto, alle volte, contraddittorie e non chiare neppure per quello che concerne gli anni di sviluppo della vicenda. A precisa domanda, sul fatto che ciò che fu ripreso avrebbe potuto smentire tutto ciò che si crede sulla religione Cristiana, l'Ernetti evade dall'attenzione dei cronisti, preferendo non dichiarare niente. Stesso dicasi per la lettera che lo stess scrive a don Borrello: dichiara che l'immagine captata del Cristo sarebbe del 1953, mentre la statua di madre Speranza, visionaria di Collevalenza che diede incarico a Cullot Valera di realizzare la scultura, sarebbe stata realizzata ben sei anni dopo, e la stessa avrebbe fatto salti di gioia nel vedere come le due si assomigliassero. Ancora una volta la cronologia cambia, e lo fa in un modo nel contempo assurdo e surreale. I fatti continuano e le accuse si rincorrono su più riviste e quotidiani. Ernetti conferma anche, in quanto esperto di musica, che nel 1963 il Ministero della Pubblica Istruzione avrebbe istituito la cattedra di Prepolifonia, affidandola a lui; sfortunatamente, però, l'istituzione di questa deve essere retrodatata al 1955. Nel frattempo, tra il 2003 ed il 2005 si rincorrono affermazioni di diverso calibro ed importanza sulla vicenda; alcune risultano assolutamente inverosimili, altre fanno riflettere e cercano di ricondurre i fatti al 1952 come inizio vero e proprio. Contemporaneamente, però, emerge anche una intervista risalente al 1993 dell'Ernetti, che dichiara che le immagini apparivano non come un film, ma in 3d, come gli ologrammi e che tutto sarebbe stato ripreso e che altri testimoni, come già aveva affermato, avrebbero assistito a quegli attimi. E' dal 1964 che Padre Ernetti è alla cattedra di Prepolifonia a Venezia ed inizia i suoi studenti all'utilizzo di un nuovo strumento: l'oscillatore elettronico. Al di là del suo funzionamento, va detto che Padre Pellegrino, per ciò che concerne gli insegnamenti di fisica, per la teologia e per la musica(oltre che per la preopolifonia), è veramente un'autorità in materia. Ma può essere criticato solo per come tenti di associarli alla fantomatica scoperta di cui parliamo e di come cerchi sostegni in Padre Gemelli ed altri. Nel 1973, però, rispunta la vicenda Cronovisore, stavolta per una scoperta apertamente pubblicizzata da padre Ernetti e da Marasca, Preside di una scuola media e amico del religioso. Questi asserirono di aver ricostruito alla perfezione il testo e la musica di una tragedia di Quinto Ennio, risalente al 169 a.C. e giunta a noi incompiuta; il Thyestes. Tutta l'operazione sarebbe stata compiuta attraverso il macchinario, ma sulla dimostrazione dell'effettiva funzionalità i due sorvolarono e ciò non fece altro che dare ossigeno ad un dibattito estremamente duro ed acceso sulla scoperta stessa. La struttura è giusta, infatti, così come la metrica e la musica; ma un'operazione così, per quanto potesse non essere così semplice, sicuramente non sarebbe risultata impossibile per padre Ernetti. La discussione continuò a lungo e fu molto dura, ciononostante Padre Pellegrino nel 1964 arrivò a capo della cattedra di Prepolifonia a Venezia ed iniziò i suoi corsi. Poi i fatti di cui abbiamo parlato e che investono il periodo degli anni '70, fino ad arrivare alla fine del decennio in questione, quando "Il Giornale dei Misteri" pubblica un articolo in cui afferma che Padre Ernetti avrebbe in mano le idee segrete di: Marconi, Gemelli e Severi. Idee segrete? Quali? Certo, molte teorie, alcune fantasiose e papabili di mensione nella vicenda cronovisore. Passiamo quindi oltre, e andiamo a sfociare più nella parapsicologia, piuttosto che nella fisica o nella metafonia. Anzi, entriamo proprio in quest'ultimo. Esordisce "Astra" nel 1990, con un articolo, ed irrompe anche qui all'improvviso: Padre Ernetti avrebbe registrato voci provenienti dall'aldilà. Nell'articolo, però, non viene citato il solo frate, ma anche padre Gemelli: la vicenda narra sia di ciò che ha riguardato il "Thyestes", ma anche per qualche voce, al di là di quelle già citate, di Canto Gregoriano. I fatti si sarebbero svolti nel 1952, ma secondo successive dichiarazioni avrebbero ritrattato tutto, dicendo che i fatti si sarebbero svolti nel 1960. Ancora una ritrattazione dei fatti, ma cerchiamo di arrivare al dunque. Ernetti afferma, di lì a poco che, poco tempo dopo la presentazione dei filmati e delle registrazioni audio o di qualsiasi altra cosa si fosse trattato, il cronovisore sarebbe stato preso dal Vaticano e dal Ministero degli Interni italiano, smontato, e quindi nascosto, probabilmente, proprio nei locali di quest'ultimo. Quest'ultima affermazione, però, trova poche conferme, anche se fu don Borrello a formularla(Brune, invece, indicava il Vaticano come nascondiglio del macchinario). Ma cosa è successo e a cosa è servito tutto questo? La risposta potrebbe essere rinvenuta in una teoria, forse troppo forte, ma comunque plausibile: padre Ernetti, insieme a Gemelli, aveva bisogno di fondi per continuare le proprie ricerche e il cronovisore, forse proprio uno degli elementi di ricerca, era un'ottima pubblicità per ricavare il denaro desiderato. Ma del resto come considerare l'inserimento del Vaticano che mai, praticamente, ha apertamente smentito qualsiasi coinvolgimento? Cerchiamo di continuare e di arrivare alla conclusione. Nel 2000 esce negli Stati Uniti un libro dal titolo: "Father Ernetti's Chronovisor: The Creation and the disappearence of the world's first time machine". Il titolo, una volta di più, è eclatante, ma troppo stravolgente, anche nei contenuti. Nonostante tutto di lì a poco il programma "Stargate"(all'epoca condotto da Roberto Giacobbo), per dovere di cronaca espone i fatti cercando di dare una spiegazione a quanto raccontato dall'autore; Peter Krassa. Esso stesso ci dice che alcuni frammenti di quell'apparecchio si troverebbero là dove Ernetti lavorava e dove avrebbe proprio sperimentato il tutto: là sull'isola di San Giorgio, a Venezia, nel convento dove avrebbe, appunto, condotto i propri esperimenti, nelle aule del conservatorio. Krassa, comunque, in tutto il suo libro è estremamente vago, senza mai approfondire la questione né specificare l'origine delle fonti.

Concludendo, saltando spiegazioni di inutili conclusioni, ci avviamo a stringere il cerchio di una vicenda veramente complicata e di cui ho preferito riportare solo alcuni elementi. Il Signor X, che ha sollevato un polverone, concordando quell'intervista con Maddaloni non ha fatto altro che sollevare il velo e mostrare la debolezza di un uomo, padre Ernetti, che aveva iniziato da anni, evadendo da ruoli a sé più consoni(fisico, musicista, professore prepolifonico ed esorcista), a mostrare segni di squilibrio mentale. Un gesto pietoso, ma necessario. Se quella fotografia non fosse emersa, adesso, forse, ci troveremo ancora a parlare di un apparecchio che, forse, ha un concreto presupposto scientifico-fisico, ma che, contemporaneamente, ha anche un fondamento fantascientifico.
Questa soluzione, forse banale, sembra, però, la più concreta e corretta. Certo, possiamo continuare a fantasticare quanto vogliamo, non sapendo a pieno cosa sia successo, ma muovendoci solo ed esclusivamente per sentito dire e per interviste a quotidiani ed altro. Forse il cronovisore fu realmente inventato, e noi conosciamo poco dei fatti precedenti e futuri. Forse quella foto fu portata in evidenza proprio per farci giungere alla conclusione precendentemente detta, e credere Ernetti un pazzo visionario. Chissà, questo potremo, forse, scoprirlo un giorno; forse no. Forse da un vecchio scantinato usciranno degli strumenti strani, qualche antenna che qualcuno vorrà provare a ricomporre e ricostruirà un macchinario che, si credeva, non fosse mai esistito.

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